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La fretta del cuore

2 settembre 2014
L. Demaison, "Eautre n°4 (Pompadour)", from series "Les eautres", 1998

L. Demaison, “Eautre n°4 (Pompadour)”, from series “Les eautres”, 1998

C’è una canzone di Loredana Bertè che inizia dicendo: “La fretta del cuore è già una novità”.
Ho sempre amato questa espressione: “la fretta del cuore”, soprattutto da quando ho iniziato a sentirla. Certo non è tachicardia (come direbbe la me cinica); è più un misto di gioia adolescenziale, leggerezza e paura. Credo che si avverta prima/durante un cambiamento: è un sentimento così puro che può mettere in imbarazzo – come tutti i sentimenti puri, d’altronde.

There is a song by Loredana Bertè that begins saying: “The rush of the heart is right a novelty.”
I’ve always loved this expression: “the rush of the heart”, especially since I started to feel it. Certainly it is not tachycardia (like the cynical side of me would say); is a mixture of adolescent joy, smoothness and fear. I think it is perceived before/during a change: it is a so pure feeling that can embarrass you – like all pure feelings, however.

L. Demaison, "Un jour sang, n°5", from series "Un jour sang", 2006

L. Demaison, “Un jour sang, n°5”, from series “Un jour sang”, 2006

Entrare in una fase di trasformazione non significa conoscere come se ne uscirà – e forse è proprio questo il bello – ma averne consapevolezza è l’unico modo di mantenere/rsi in equilibrio.
Ho scelto queste immagini di Laurence Demaison perchè secondo me rappresentano esattamente questo momento: il passaggio da uno stato all’altro, da una condizione all’altra, con l’accettazione che qualcosa di sé nel frattempo possa andare in fumo, si distacchi. Eppure è un’evoluzione, non una perdita e il fatto che l’autrice realizzi solo autoritratti non può che esserne una conferma.
Sapete cosa mi piace della fotografia? Tra i tanti aspetti, che sia in grado di imprimere e rendere eterno un istante volatile, invisibile agli occhi e che andrebbe perso per sempre, anche e soprattutto per la mente.
Mi fermo qui e… vado a essere chiunque, a diventare ciò che posso vivere.

Entering a phase of transformation doesn’t mean to know how you’ll come out – and maybe that’s the great thing – but being aware of this is the only way to maintain (and maintain himself too) in balance.
I chose these pictures of Laurence Demaison because in my opinion they exactly represent that moment: the transition from one state to another,  from one condition to another, with the acceptance that something of himself could fizzle out, in the meantime; something could move away. Yet it is an evolution, not a loss and the fact that the author realized only self portraits is just a confirmation.
You know what I love about photography? Among the many issues, it is able to impress and make eternal a volatile moment, invisible to the eye and that would be lost forever, also and especially for the mind.
I’ll stop here… and I’m going to be anyone, to become what I can live.

L. Demaison, "Sirène n°2", from series "Sirènes", 1998

L. Demaison, “Sirène n°2”, from series “Sirènes”, 1998

L. Demaison, "Masque", from series "Images seules (Aqua bon-Lévitation…)"

L. Demaison, “Masque”, from series “Images seules (Aqua bon-Lévitation…)”

L. Demaison, "Mercure n°3", from series "Mercure", 2003

L. Demaison, “Mercure n°3”, from series “Mercure”, 2003

From → Penso

8 commenti
  1. what a beautiful blog site is this! pieno di immagini e pensieri densi…
    mi piace a me 🙂

  2. ire permalink

    Alcune foto sono inquietanti, mi piace invece quella con i cerchi d’acqua, sì, quella mi piace tanto. Mi piace fare foto, mi piacciono le foto, ma non mi piace che le facciano a me, ho interi buchi nell’album della mia esistenza. Non perchè pensi che rubino l’anima (come gli indiani), è che mi mettono… una sorta di tristezza, ma non perchè sono più vecchia o cose così, non te lo so spiegare, è come se fossero una prova di me.
    Quello che hai scritto è molto vero, i sentimenti puri imbarazzano e all’inizio disorientano.

    • Benvenuta Ire 🙂
      È interessante che tu scriva: “Alcune foto sono inquietanti, mi piace invece”, come se una foto che trovi inquietante non possa piacerti; l’ho notato perchè io invece sono solita non opporre queste categorie.
      Anche io non amo molto farmi fotografare, semplicemente perchè non sono fotogenica e ancora meno vedere delle mie foto in giro: mi sembra una parte di me morta, persa o qualcosa del genere.

  3. Sono passata di qua, dopo il tuo commento. Se così non fosse stato, chissà se e quando sarebbe successo. Ne sono lieta, perché credo proprio che ne sia valsa la pena : ) La fotografia mi piace molto, come l’arte in generale. Ti segno, così posso seguirti : )

  4. preferisco le foto meno elaborate, quelle che, come dici tu, siano in grado di imprimere e rendere eterno un istante volatile.
    ciao
    ml

    • Ciao Massimo, a parte che “elaborato” è un termine un po’ vago, bisogna vedere cosa intendi tu; ma comunque io non le definirei così, ma piuttosto “meditate”. E poi: soltanto un certo tipo di foto sono in grado di rendere eterno un istante? Il tuo intervento pone diverse domande…

      • è vero, il termine è vago.Per elaborate io intendo foto che risultino artificiose, come fossero opera più di meccanica che non di occhio sensibile.
        quanto alle seconda domanda, ovviamente no, non un solo tipo di foto congela l’istante e, per capirci, non è che il mio ideale siano le istantanee: torniamo al discorso di prima. per farti un esempio preferisco un volto di vecchio che sembra apparire così com’è nella realtà (anche se magari quella fotografia ha richiesto una preparazione di giorni) al volto deformato (il primo della tua serie) che magari è stato uno scatto immediato usando una lente deformante.
        tutto questo per esprimere un mio gusto che non pretendo sia dogma universale 🙂
        ml

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